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Dicembre.
A dicembre abbiamo assistito al crollo dell'Indice Cercom sulle aspettative per la qualità della vita ad un anno, che con 58,9 infrange ogni record negativo, costringendoci ad ampliare verso il basso la scala valori nella tabella rappresentativa dell'andamento. Tra dicembre 2010 e dicembre 2011 l'indice ha perso ben 43,2 punti.

E' successo che, dopo un breve rallentamento della discesa dell'indice, dovuta al subentro del Governo Monti, i cittadini si sono resi conto che, in realtà, il nuovo Governo ha soprattutto portato nuovi sacrifici quasi esclusivamente ai ceti da basso a medio, ma nessun miglioramento concreto a livello internazionale (il famigerato "spread", cioè quello che negli anni '80-'90 si chiamava "la forbice").

La prospettiva che un'uscita dall'Euro sia inevitabile/auspicabile riguarda oramai quasi il 55% dei cittadini.

Infine cogliamo l'occasione della chiusura dell'ottavo anno di rilevazione per rispondere a due domande che negli anni ci sono state ripetutamente poste: 1. Perché per indice 100 è stato preso gennaio 2004? 2. L'indicizzazione al gennaio 2004 è significativa?

Risposte: 1. Perché la rilevazione dell'indice è iniziata nel gennaio 2004. 2. A prescindere che è relativamente indifferente iniziare da un mese con valori alti, medi o bassi (dopo qualche mese/anno sarà comunque evidente l'asse medio attorno al quale si sviluppa l'andamento mensile), casualmente gennaio 2004 è stato effettivamente un mese molto nella media: noi lo poniamo uguale a 100, mentre secondo la media degli otto anni di rilevazione è pari a 96.9. Se poi non consideriamo il crollo atipico degli ultimi mesi, arriviamo a livelli prossimi al 99%.

Questo è solo un breve e sommario estratto di un'ampia e dettagliata ricerca di mercato a pagamento.


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Gli ultimi 12 mesi:

  • Gennaio 2011 (100,1): le indicazioni economiche, che dopo Grecia e Irlanda fanno trasparire (in lontananza) l'Italia come una candidata al tracollo economico, deprimono fortemente l'indice, anche se nessuno ci crede veramente. Le vicende del Premier (caso Ruby), che gli fanno toccare il più basso indice di gradimento (vedere articolo sull'apposito indice), contribuiscono non poco a deprimere ulterioprmente le aspettative.
  • Febbraio 2011 (102,9): due elementi contribuiscono a questo ottimismo: 1°. il governo ritrova la propria stabilità; 2°. (paradossalmente) la decisone con cui tutti gli indicatori, nazionali e internazionali, posizionano l'Italia al più basso livello di crescita tra le maggiori nazioni industrializzate, che "fa mettere l'animo in pace" agli italiani, che sanno che l'economia comunque crescerà, poco ma crescerà.
  • Marzo 2011 (100): è un mese nero (si fa per dire) per l'apprezzamento del governo, ed anche se non ci sono in vista cambiamenti, l'indice scende. L'aumento delle accise sulla benzina fa il resto.
  • Aprile 2011 (100,9): nessuna novità (o meglio tante novità e non-novità marginali) e l'indice continua a rimbalzare su quota 100.
  • Maggio 2011 (99,6): a livello di indicatori economici non è cambiato praticamente niente, e si continua a navigare in una mediocrità che mese dopo mese ci fa perdere posizioni tra le nazioni industrializzate. Quello che deprime è soprattutto il dubbio sulla saldezza della maggioranza, la sua capacità (fa poco o niente) e possibilità (numerica) di governare.
  • Giugno 2011 (98,8): la recrudescenza della crisi greca, le incertezze sul Governo ed i litigi al suo interno, la prospettiva di un declassamento del rating delle banche italiane, producono solo una "misera" discesa di 0,8 punti: la crisi dura oramai da anni, e, "per la propria salute mentale" oltre che economica, prevale tra gli italiani la convinzione che ad un anno tanto peggio non potrà andare.
  • Luglio 2011 (96,5): è ormai chiaro che l'Italia è stata presa di mira dalla speculazione internazionale. I cittadini temono contemporaneamente una manovra "punitiva" e che il Governo sottovaluti il problema.
  • Agosto 2011 (94,1): continua la discesa, favorita dalla crisi economica internazionale, che vede nell'Italia uno degli anelli deboli su cui speculare. L'approccio dilettantesco del Governo, con manovre annunciate, "approvate" internazionalmente, poi cambiate anche radicalmente con cadenza quasi giornaliera, levano molte speranze ai cittadini, e l'indice Cercom sulle aspettative sulla qualità della vita ad un anno scende a 94,1: esattamente 15 punti in meno rispetto all'agosto 2010.
  • Settembre 2011 (89,9): la crisi economica internazionale, e le conseguenti speculazioni finanziarie, continuano a tenere sotto pressione l'Italia, Ciò che demoralizza maggiormente gli italiani è: l'incapacità dimostrata dal governo di gestire in modo professionale la crisi; lo scarso rispetto e autorevolezza di cui "godiamo" in ambito internazionale; un Premier che sembra sempre più preso da questioni strettamente personali, che non invitano al rispetto; l'evidente frattura tra il Premier ed il Ministro Tremonti, così come i dissidi interni al PdL e alla Lega.
  • Ottobre 2011 (80,1):Con 80,1 l'Indice fa registrare il secondo peggiore risultato di sempre: in un solo anno ha perso oltre il 25%, l'11% nell'ultimo mese. L'economia sotto attacco internazionale ed il Governo incapace di agire o di farsi da parte per dare spazio ad altri più capaci, lasciano poche speranze.
  • Novembre 2011 (78,2): record negativo da quando l'indice è stato istituito. Questo risultato è frutto di un "pessimismo nero", legato al vecchio Governo, ed un discreto ottimismo legato ai primi giorni del nuovo Governo (fenomeno, questo, assolutamente usuale ed abbastanza indipendente da chi arriva al Governo). Da segnalare come in un anno l'indice abbia perso 26,6 punti, o, in altri termini, come sia stato "bruciato" oltre 1/4 dell'ottimismo degli italiani.
  • Dicembre 2011 (58,9): l'indice ha perso ben 43,2 punti. Dopo una breve ventata di fiducia, dovuta al subentro del Governo Monti, i cittadini si sono resi conto che, in realtà, il nuovo Governo ha soprattutto portato nuovi sacrifici quasi esclusivamente ai ceti da basso a medio, ma nessun miglioramento concreto a livello internazionale (il famigerato "spread"). E la prospettiva che un'uscita dall'Euro sia inevitabile/auspicabile riguarda oramai quasi il 55% dei cittadini.


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