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Siamo arrivati alla quinta ed ultima parte di questo sondaggio, che verte in questo caso su come gli italiani vedano i giornalisti televisivi ed in particolare la loro cultura e la loro professionalità. Va detto che, al riguardo, abbiamo già effettuato altri sondaggi, più o meno focalizzati su questi argomenti (vedere ricerchedimercato.it, sez. "Archivio sondaggi"), ed ai quali abbiamo anche attinto per approfondimenti.

Secondo gli intervistati nei vari sondaggi i giornalisti televisivi non brillano particolarmente né per professionalità, né per cultura linguistica, né per obiettività (nell'ordine).

Solo per quest'ultimo punto non abbiamo effettuato alcun approfondimento, perché per farlo bisognerebbe credere che esista un'unica verità ed un solo modo di riportarla, distinguere tra poca obiettività e faziosità, ecc... Riferiamo, comunque, che se ne lamenta oltre un intervistato su tre.

1. La professionalità si può intendere a molti livelli. Noi ci limiteremo qui a proporre, nell'ordine di importanza rilevata, esclusivamente alcuni aspetti che infastidiscono i telespettatori:

  • spesso lo stesso fatto di cronaca, in differenti telegiornali, riporta nomi, età e moventi diversi, mentre non dovrebbe essere difficile verificarli correttamente;
  • le proposte di legge vengono sistematicamente spacciate per approvate ("ecco come cambierà...");
  • ai più esperti da inoltre fastidio l'occasionale mancanza di conoscenza specifica, dal punto di vista tecnico, dell'argomento trattato (legale, economia, finanza, statistica, ecc.), con errori anche grossolani;
  • segue, quindi, la superficialità e, soprattutto, la mancanza di opportune domande (nelle interviste) o approfondimenti (nei servizi) indispensabili per una completa informazione. Un esempio su tutti riguarda a mancanza di domande "opportune" nelle interviste e riguarda quasi il 60% dei giornalisti, ritenuti spesso "compiacenti" (odiati quelli che annuiscono mentre l'intervistato parla);
  • di fondo, per tutti, c'è che la ricerca dell'audience è continua, così che l'esagerazione (solo come esempio l'uso di parole come "calvario", o quando ci si riferisce al numero di partecipanti ad una manifestazione) è la norma; c'è poi l'esagerazione linguistica, con un esempio tipico nato nel periodo di rilevazione, il termine "bomba d'acqua", inesistente in meteorologia così come nella lingua corrente; infine, per ultima ma non come importanza, la ricerca del litigio durante i talk show. tutto in nome dell'audience.
2. L' ignoranza linguistica genera un fastidio direttamente proporzionale al livello culturale degli intervistati. Questo accade quando si va oltre (secondo la sensibilità degli intervistati) la normale modernizzazione di una lingua, che non può prescindere dalle innovazioni per restare viva.

Per molti i giornalisti sono, quasi tutti, "spacciatori di finta cultura"; hanno, cioè, spesso un livello culturale inferiore a quello necessario per la loro professione. Forse ne sono anche consapevoli e cercano di nascondere questo deficit adoperando modi di dire/sostantivi/verbi errati, accodandosi pedissequamente a dei colleghi che ritengono più colti, ma che tali non sono.

Ecco solo alcuni fastidiosi errori, emersi dai sondaggi, come esempi:
  • se un noto terrorista viene ucciso in un "comprensorio", ma i nostri giornalisti vedono il comunicato stampa in inglese dove si parla di "compound" e, non conoscendo notoriamente bene l'inglese, nessuno sa tradurlo, continueranno ad adoperare sempre e solo questa parola nei loro servizi, così che per la quasi totalità degli italiani (che l'inglese lo conosce ancora meno) il luogo resterà sempre ulteriormente avvolto nel mistero;
  • se uno decide che è più fine dire esondare (all'epoca obsoleto) invece di straripare, gli altri giornalisti non hanno le conoscenze culturali per essere critici, e pensano erroneamente che esondare sia la forma verbale tecnicamente più corretta ed il verbo straripare, fino ad allora più comune (meglio: l'unico adoperato), scompare del tutto; qui il punto non è sull'uso di una forma verbale piuttosto che l'altra (entrambe sono corrette) quanto sulla velocità con cui i giornalisti televisivi, che "guidano" la lingua italiana, riescano a sostituire completamente un verbo con un altro, ingiustificatamente;
  • per lo stesso motivo basta che un giornalista sportivo inizi ad adoperare il verbo defilarsi (nascondersi, andarsene alla chetichella) erroneamente al posto di decentrarsi, e tutti lo seguono;
  • a scuola di giornalismo insegnano erroneamente a pronunciare i cognomi italiani di cittadini stranieri (in genere francesi, argentini, uruguaiani, non americani perché "fa Stanlio e Ollio") con la dizione del paese di nascita; peccato che la lingua italiana preveda espressamente la pronuncia italiana per questi cognomi e che, comunque, l'ignoranza dei giornalisti per le lingue straniere si aggiunge a quella per l'italiano, così che, solo ad esempio, dopo aver messo (erroneamente ma diligentemente) l'accento sulla vocale finale di un cognome italiano di un francese, poi pronunciano i nomi/cognomi francesi ridicolamente all'italiana, o li storpiano (sistematicamente); ma se c'è un calciatore italiano o un politico o un attore col cognome francese li pronunciano alla francese (come a dire: il francese vince sempre sull'italiano); ma è solo per fare sfoggio di una cultura che non hanno;
  • i nomi italiani di città straniere non vengono adoperati sia per ignoranza che (forse) per non sembrare nazionalisti, così che scompaiono definitivamente dalla memoria collettiva anche nomi di città una volta italianissime (o veneziane), come Fiume e Ragusa di Dalmazia, che oramai sono solo Rijeka e Dubrovnich;
  • ci sono poi errori grossolani, che vanno e vengono secondo la moda, come spengere, il ridicolo accellerare o il terribile ecuadoregno (comparso anche in prima pagina del Corriere della Sera e di Repubblica) che non è italiano (ecuadoriano) né, tanto meno, echeggia la forma spagnola (ecuatoriano);
  • per concludere, ma si potrebbero scrivere tomi di esempi sull'argomento, vengono usate parole straniere italianizzate per sostituire parole italiane correnti, o ne vengono adoperate abitualmente di straniere anche se ne esistono di italianissime, seguendo le mode linguistiche acriticamente e, soprattutto, totalmente; solo due esempi, neanche i più importanti, l'anglicismo esaustivo (molto di moda) al posto di esauriente o, nel calcio, lo spagnolo "triplete" (va bene una volta, ma sempre..!) per tris o tripletta, e tutti si accodano.

Concludiamo con l'osservazione fatta da un neanche tanto anziano intervistato, riferita ai giornalisti sportivi ma che può essere estesa a tutta la categoria: "Dove sono i nuovi Martellini e Pizzul, che 'accarezzavano' la lingua italiana?".

3.208 intervistati


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